Descrizione
“MUSCA DEPICTA – C’è una mosca sul quadro” al Labirinto
della Masone
6 aprile – 30 giugno 2024
A cura di Sylvia Ferino ed Elisa Rizzardi
Il Labirinto della Masone ospita per la primavera 2024 la nuova mostra MUSCA DEPICTA. C’è una mosca sul quadro, una grande e curiosa esposizione che insegue le apparizioni della mosca nelle arti visive a partire dalla scuola di Giotto e fino al contemporaneo.
Il piccolo insetto invaderà le sale espositive del Labirinto in occasione dei quarant’anni dalla pubblicazione da parte di Franco Maria Ricci del volume Musca depicta, in cui l’illuminante saggio di André Chastel ripercorreva per la prima volta le incarnazioni artistiche del ronzante dittero nella pittura europea dal XV al XVII secolo.
Obiettivo della mostra è dunque quello di ampliare notevolmente il quadro delineato nel libro del 1984, offrendo una lettura sfaccettata di un insetto da sempre considerato molesto e inopportuno, la cui rappresentazione ha svelato nel tempo retroscena e curiosità controverse.
Più di cinquanta opere tra tele, grafiche, sculture e volumi manoscritti e a stampa si snodano nel percorso espositivo secondo uno specifico ordine tematico; ma, come ricorda Leon Battista Alberti nell’Elogio contenuto nel fondamentale incunabolo che apre la mostra, la mosca è libera: non conosce gerarchie né limiti di pertinenza.
Nell’antichità la rappresentazione realistica di una mosca nel quadro poteva suggestionare diverse interpretazioni, dal monito cristiano di non abbandonarsi alle mondanità, fino all’idea che l’effimera creaturina potesse incarnare la fugace fama dell’artista, passando per l’inganno – il trompe l’oeil – che dimostrava il virtuosismo del pittore.
Questo scherzo illusionistico fine a se stesso, affermazione di una certa abilità tecnica, con il tempo muta di significato, tra chi considerava la mosca simbolo mortuario e precario, fondamentale corredo di Vanitates, e chi invece un insetto come tanti, trovatosi a dover competere nelle nature morte con le più attraenti farfalle.
La (sincera?) simpatia nei confronti della mosca da parte dell’Alberti – che arriva ad affermare: “E quindi di gran lunga sono superiori le mosche e per il loro grande splendore sono più illustri delle api” – viene presto ribaltata dall’interpretazione negativa che ne fa la simbologia cristiana, testimoniata in mostra dalle opere del trecentesco Giovanni del Biondo o dal leonardesco Martino Piazza da Lodi.
Strettamente connessa alla tematica religiosa è quella del Memento Mori, del deperimento del corpo e dell’imminenza della morte: l’artista contemporaneo Damien Hirst, che più volte ha lavorato con questo insetto, partecipa con il suo Fear of Death (Full Skull), un teschio completamente ricoperto di mosche che riprende l’iconografia tanto presente nell’arte del Cinquecento.
Variopinte composizioni floreali in cui una mosca ha deciso di posarsi, realizzate da maestri del barocco come Willem van Aelst, Isaak Soreau e Giovanna Garzoni, decorano la sala dedicata alle nature morte e la condividono con alcuni dei più importanti volumi a stampa dedicati all’insetto, dagli acquerelli di Ulisse Aldrovandi agli eleganti disegni di Maria Sibylla Merian.
La mosca si adagia indifferentemente anche su alimenti e animali, come nelle opere immobili e iperrealistiche dell’attuale Maurizio Bottoni, mentre nel video FLY di Yoko Ono è un corpo nudo ad esserne attraversato per 24 minuti.
Infine, le api nella tela del caravaggesco Orazio Riminaldi riportano l’attenzione all’iniziale provocazione dell’Alberti.
Prestatrici delle opere sono prestigiose istituzioni nazionali e internazionali come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, i Musei Vaticani di Roma, la Galleria Sabauda di Torino, il Musée du Louvre di Parigi, il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, il National Historical Museum di Stoccolma e molti altri, oltre a numerose collezioni private e opere della Collezione Franco Maria Ricci.
Il percorso, infine, stuzzicherà la vista quanto l’udito: colonna sonora della mostra è il brano La Folie des Mouches, Variazioni e Fuga su un Tema di Händel per violino solo appositamente commissionate al compositore Massimiliano Matesic: l’andamento di una danza barocca è trasfigurato in un virtuosismo allucinato e stridente, che alterna attimi di lirismo all’imitazione, divertente quanto perturbante, del ronzio delle mosche.
In occasione della mostra sarà pubblicato un nuovo volume per le edizioni Franco Maria Ricci, con testo di presentazione a cura di Sylvia Ferino, la ristampa dello studio critico di André Chastel, un saggio storico-scientifico a cura di Lucia Tomasi Tongiorgi e Giuseppe Olmi e un contributo letterario di Carlo Ossola.
Fonte testo e foto: www.labirintodifrancomariaricci.it
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