Descrizione
Masterclass di Matteo Rovere
e, a seguire, proiezione di
▶︎ Il primo re
di Matteo Rovere
(Italia 2019, 127′)
★ Sinossi ★
Travolti dallo straripare del fiume Tevere mentre conducono al pascolo il proprio bestiame,Romolo e Remo vengono trascinati dalla corrente fino alla città di Alba Longa. Catturati e resi schiavi dagli albani, i due fratelli riescono a ribellarsi ai propri aguzzini, coinvolgendo nella rivolta altri prigionieri latini. Presa in ostaggio la sacerdotessa della dea Vesta, il gruppo di rivoltosi fuggirà lungo le rive del Tevere e spetterà a Remo ristabilire l’ordine all’interno di una tribù superstiziosa che fatica ad accettarlo come capo e che
desidera liberarsi di Romolo, rimasto ferito durante i tafferugli di Alba Longa. Il desiderio di indipendenza dei due fratelli sfocia ben presto in una feroce lotta per la supremazia e in un doloroso confronto ideologico.
★ Scheda critica del film ★
La cruda e zelante ricostruzione storica
di Matteo Rovere – adiuvata dal recitato in protolatino e dall’utilizzo esclusivo di luce naturale da parte di Daniele Ciprì – non si limita a raccontare la genesi della città di Roma seguendone pedissequamente la mitologia: Il primo re, di fatto, è un’opera ambiziosa che sfrutta solo marginalmente l’epica, decidendo di soffermarsi maggiormente su rapporti di forza e pratiche sociali sempre mutevoli, che catturano lo spettatore in modo quasi estenuante, generando riflessioni molteplici, talora immediate e all’occorrenza maggiormente stratificate. Se è sul sangue che Roma è stata fondata, è sul sangue di uomini soggiogati da una spietata legge del più forte. Legge che, per quanto ancestrale, è sempre destinata a fare i conti con la ὕβρις, la “tracotanza” che tragicamente si abbatte sul carnefice, sanzionandone la superbia e l’orgoglio. Il volto trasfigurato di Remo (Alessandro Borghi) e i suoi muscoli perennemente tesi sono qui al servizio di una disillusione sociale che non è più disposta a scendere a patti con un codice morale: il tacito patto che lo lega con antica devozione al fratello Romolo (Alessio Lapice) è costantemente minacciato da comunità allo sbando disposte a sacrificare il prossimo in nome di una corrotta idea di sopravvivenza. Il fuoco sacro viene brutalmente spento e riacceso sotto forma di incendio che scandisce i termini di
un nuovo contratto sociale: il potere diventa l’unico strumento tramite cui dialogare, l’esistenza stessa dell’ultraterreno viene messa in discussione con le unghie e con i denti e la sfida lanciata al divino coincide con un urlo doloroso già tremendamente consapevole della natura brutale dell’uomo, sempre meno incline alla compassione. Il viaggio di Romolo e Remo nella rappresentazione di Rovere diventa un conflitto fortemente simbolico: lo snervante – e necessario – tentativo di mutare la bestia
in uomo. E viceversa.
**Ingresso libero**
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