Il Palazzo del Governatore di Parma sarà la sede della mostra antologica di Paolo Borghi, “Le radici della scultura”, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma che aprirà al pubblico il prossimo 17 giugno. Le opere dello scultore saranno visibili fino al 30 luglio, da mercoledì a domenica (orario 10.00 – 19.00) ad ingresso libero.

L’esposizione di Parma offrirà la “biografia artistica emblematica” (come ha commentato Rolando Bellini in una delle note del bel catalogo) di uno scultore di due secoli.  Paolo Borghi è artista di livello internazionale: autore di opere dalle dimensioni imponenti realizzate per spazi pubblici di molti luoghi del mondo, ma anche di creature più piccole in grado di sorprendere grazie all’arte di manipolare ogni tipo di materia.

Paolo Borghi, se fin da piccolo si è dedicato a scolpire e a cesellare imparando i primi passi nel laboratorio del padre orafo e argentiere molto quotato, nella sua lunga carriera ha pensato più a creare che ad immaginare o organizzare mostre.

Nell’estate di Parma ci sarà quindi l’occasione, davvero rara, di ammirare un percorso artistico nel suo compiersi, la statura unica di questo artista nel suo divenire grazie all’organizzazione della Galleria Planetario – Trieste e di Radin contemporary art – Budapest con il contributo di Caggiati.

Paolo Borghi

Borghi esordisce nel 1959 – 1960 col grande Cristo Re in bronzo, alto oltre 6 metri, per la cattedrale di Esmeraldas, Equador. Si lascia alle spalle una formazione braidense tra Accademia di Brera e Castello Sforzesco di Milano. Prim’ancora è stato apprendista presso l’atelier del padre, orafo, dove sperimenta un po’ tutte le tecniche del trattamento dei metalli. È dunque un figlio d’arte, attinge a una tradizione familiare. Negli anni compresi tra il 1960 e il 1970, guadagnando di anno in anno una maturità piena e con essa un lessico compiuto, Borghi chiude il decennio con opere come la porta in bronzo per la chiesa parrocchiale di Rovellasca realizzata nel ’69.

Quanto ha maturato viene frantumato e ricomposto criticamente dallo stesso artista dopo il 1970, nel tempo delle sculture in legno, decennio che si chiude con una mostra personale al Museo di Milano di via Sant’Andrea, presentato in catalogo da Franco Solmi, su invito dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano.

Il cruciale ritorno ai Greci antichi, ai loro riti e miti, risale agli Anni ’80, ne sono testimonianza in mostra opere quali L’isola sospesa (1985, bronzo), L’isola sospesa aperta (1987, bronzo) e Follia sapienzale(1990, marmo statuario). Nel 1986, è invitato da Maurizio Calvesi alla Biennale di Venezia dove espone due grandi marmi, La piramide di Apollo e L’Isola sospesaDurante gli anni ’80 Paolo Borghi passa quindi con disinvoltura estrema dal marmo al bronzo, a cui si aggiunge, nel 1989, la terracotta. È un virtuoso della tecnica. Al tempo stesso è un innovatore.

I disegni dell’artista – di cui si espongono cicli che vanno dal 1988 ai più recenti – vengono a dichiarare il fare metamorfico che salda la figura alla natura. È il disegno di Paolo Borghi rispecchiamento di “ciò che immagina”, per dirla con Edward Lucie-Smith (il quale ne scrive nel 2002); è testimonianza di una “struggente aspirazione” che investe di sé la dimensione tridimensionale, la sua stessa scultura, irrorandola di una vitalità panica. Nuove esplorazioni, altre e nuove sperimentazioni plastiche vengono per Borghi allo scadere degli anni Novanta con opere come Le Alpi (1996, bronzo), La valle dell’Eden (1998, bronzo),L’Isola nel fianco (2002, bronzo).

Il nuovo secolo e millennio vede Paolo Borghi concentrarsi su più fronti che vanno dalle figure sospese, sempre in bronzo con campiture policrome, a sculture che nascono da piante morte raccolte nel bosco e da legni e radici consumati nel tempo da funghi e insetti e che da questi si evolvono acquisendo una forma compiuta. Dell’attività ultima si ha testimonianza in mostra con opere come Dentro la forma, Vortice e Grande cuore (2023, bronzo).