Ossicini, racconta, in una riflessione sulla fragilità del mondo e sul valore dell’accogliere e del custodire. La storia di una vecchia che vive in un luogo nascosto e raccoglie le ossa di lupo, per ricostruirne lo scheletro e ridare vita all’animale.
Ci ritroviamo fragili come piccole bacche, come cristalli da maneggiare con attenzione.
Riponiamo la speranza nella cura, la cura dell’anima, degli altri, delle cose. Essere premurosi, avere riguardo.
Prendersi cura delle radici più profonde, di quell’io che piano piano si forma.
Prendersi cura di qualcuno, di un altro, accoglierlo, accarezzarlo per lenire le ferite. Prendersi cura del mondo in cui viviamo.
Farsi trasportare da quella misteriosa spinta che ci porta ad occuparci di qualcuno o di qualcosa. Sentire nel senso più profondo.
Curare, coltivare, proteggere, riparare, accudire, conservare, custodire.
C’è una donna che vive in un luogo nascosto che tutti conoscono, ma pochi hanno visto. Pare in attesa di chi si è perduto. Ha molti nomi, la donna delle ossa, la raccoglitrice, ma tutti la conoscono come La Loba, La Lupa.
L’unica sua occupazione è la raccolta delle ossa, in particolare quelle che corrono il pericolo di andare perdute per il mondo. Striscia e setaccia le montagne e i letti prosciugati dei fiumi alla ricerca di ossa di lupo e quando ha riunito un intero scheletro, quando l’ultimo osso è al suo posto, allora siede accanto al fuoco e incomincia il suo canto. Allora le ossa cominciano a ricoprirsi di carne e le creature si ricoprono di pelo.
La lupa canta ancora e tutte le creature tornano in vita. E ancora la Loba canta e il lupo comincia a respirare. E ancora la Loba canta così profondamente che il fondo del deserto si scuote. Il lupo apre gli occhi, balza in piedi e corre lontano.
Così si dice che, se vagate nel deserto ed è quasi l’ora del tramonto e vi siete un po` perduti e siete stanchi, allora siete fortunati perché forse la lupa può prendervi in simpatia e mostrarvi qualcosa, qualcosa dell’anima.